Libro III – Cap. VIII
The Mulligans Stories all’ennesima pinta.
Paragrafo 2
La sosta in bagno non fu rapida come un pit stop al gran premio di Silverstone, non ero l’unico che aveva perso il conto delle birre quella sera e mi faceva capire la coda ai pissoir. Mi sciacquai il viso, respirai profondamente e feci la mia ricomparsa al tavolo dove le chiacchiere non erano diminuite di intensità. Lo vedevo dai bicchieri vuoti al centro e da quel che restava delle porzioni dalle dimensioni generose di patate – non quelle tristi da fast food tirate fuori dal surgelatore e cotte con indifferenza – che avevano seguito i giri inanellati dalle birre: un deserto di porcellana ed impronte di polpastrelli oleosi.
“Questi giovedì fanno bene, ci troviamo come mastri Bikers nella loggia della Pro-M, pur quanto viziati da questi racconti quasi omerici che ci state declamando. vedo con piacere che il Presidente è al suo terzo Frozen Margarita, sono certo che dopo l’Atellana del Freak saprà riportarci su un canovaccio con meno improvvisazione…” Giorgio P. il nostro “Paul Aster” non nascondeva i suoi studi classici oltre alla sua passione per le biciclette trovava nelle iperboli una zona confortevole, altrimenti come avremmo potuto suscitare l’intensa emozione ed una totale rapita partecipazione a serate come quella che stavamo vivendo? Gianni aveva stampato il sorriso di chi ha il tasso alcolemico lampeggiante come il girofaro delle volanti di polizia, alternava ad intermittenza rifiuti ad un ulteriore frozen a battute con Turbo che stava al suo fianco, intento a roteare il bicchiere per far scendere la schiuma.
“Ci sono cose che se non hai provato a fare, non puoi descrivere… La Mega è sicuramente la più affascinante, tecnica e devastante per uno come me che è a mezzo servizio… Turbo avessi il tuo fisico abbinato al mio cervello non ci sarebbe partita per nessuno.” ”Beppe scusa, un altro frozen per il Gianni che dopo questa uscita lo deve bere!” Turbo si era alzato agitando il bicchiere vuoto accompagnato dalle nostre risate.
“Visto che qui si dispensano pillole di pura cultura, non come quelle che si leggono su certi forum e non faccio nomi perché mi toccherebbe un ulteriore giro e non potrei reggerlo, andiamo avanti con la campagna di Francia. Come per la Megavalanche i cugini sanno cosa fare. Hanno capito, e noi non lo capiremo mai, che la competizione non porta da nessuna parte. Finisce per creare un numero chiuso di partecipanti che si ridurrà anno dopo anno perché dovendo dimostrare a tutti che io che organizzo la so lunga e quindi ce l’ho più lungo di conseguenza, vado a perdere tutti quelli che si avvicinano alla bici da montagna e che vorrebbero provare a sfidare se stessi. E’ scritto sui libri: negli ultimi anni le granfondo hanno continuato a perdere partecipanti, altimetrie troppo severe, passaggi troppo tecnici per la massa hanno fatto il loro. Con la “VTT Freeraid Classic” i Francesi hanno inventato, sarebbe bastato un poco di buon senso e anche da noi avremmo potuto farlo, una non competizione… Una passeggiata con dislivello in salita quanto basta e con le risalite meccaniche a darti una mano. Niente classifiche, niente dinamiche aggressive ai cancelletti, avevamo nelle due prime edizioni alla partenza dei tratti cronometrati a nostro uso e consumo per giocarcela tra noi: una festa per tutti, famiglie comprese che abbiamo trovato numerose sul percorso. Certo va da sé che l’area interessata ti da una mano non da poco: il comprensorio di “Portes du Soleil” dove si svolge è il più vasto ski resort delle Alpi con 650 km di piste, non fanno fatica a collegare con gli impianti i trail. Tutto si svolgeva a cavallo tra la Svizzera partendo da Champéry nel cantone Vallese e si entrava nel dipartimento Alvernia-Rodano-Alpi dove si sfogliavano come petali di margherita le località culto della VTT: Avoriaz, Les Gets, Chatel, Morzine per poi ritornare alla base dopo aver toccato Val-d’Illiez, Champoussin e Morgins. Insomma “not bau-bau, micio-micio”
“Va bene Presidente ma come era? Ammesso come prova che i Francesi sono sempre un passo avanti, ormai lo diamo come un fatto assodato, ci interessa saper qualcosa di più.” L’Avvo da buon legale, voleva tutte le prove a disposizione per formulare un giudizio. “Partecipammo la prima volta alla seconda edizione della Classic… Il Racing Team si era presentato in massa critica quel fine settimana di Giugno: Il Freak, Maurizio B. aka “Anfe”, Maurizio aka “Spyderman” che non si era ancora tolto il casco dalla gita all’Alp d’Huez, Alberto B. aka “Doctor Lecter”, Gigi C, aka “Gigi the Room”, Andrea L. aka “Mapo”, Sergio C. aka “Serginio” che ormai si è perso nelle gare di cross country e road, pace all’anima sua, e ben cinque Bergamaschi capitanati dai fratelli Gritti. Loro che da quando il Freak li aveva invitati a girare con noi vedendoli persi alla biglietteria della funivia una domenica al Mottarone, erano presenti ogni qualvolta si proponesse una gita… Non mi sono contato ma ovviamente io ero presente nel ruolo di fotografo e organizzatore. Non avendo esperienza decidemmo per la partenza da Champery, logisticamente più comoda per noi che si veniva da Milano ma si poteva partire ache da Le Gets o Chatel o da ognuna delle altre località; non importava. Non avevamo un ora di partenza obbligata, una classica partenza alla Francese perché il tempo era solo un dettaglio… Just à dire? La maggior parte dei Bikers erano Svizzeri e Francesi, come sempre gli Italiani in numero ristrettissimo… Credo fossimo il gruppo più numeroso e decisamente entusiasta. Il paesaggio era ed è ancora notevole, talmente vasto il comprensorio che gli impianti si perdevano all’orizzonte… Infatti il percorso era di oltre 60 km con più di 5000mt. di dislivello di cui 4000mt. per fortuna coperti da risalite su impianti. Altro punto a favore era la scelta se percorrere il percorso il Sabato o la Domenica, evitando così che si formassero inutili code agli impianti ed ai punti di ristoro. Credo che lo potrei definire un cicloraduno alpino dove tutto si svolgeva seguendo i giusti ritmi. Il successo fu determinato da questo aspetto, poi che fra di noi ci si ingarellasse giù dalle piste DH lo avevo messo i conto conoscendo i miei polli… Il testosterone era oltre il livello di guardia.”
Gianni si prese una pausa per sorseggiare il suo terzo frozen prima che il ghiaccio si liquefacesse stanco di dover tenere a freno la tequila. “Presidente mi sembri un attimo rilassato, non tanto sul pezzo, quello che ti fa male non è la tequila ma la fragola”. Skywalker se ne uscì così provocando un altra alzata di bicchieri, l’ennesima ma non l’ultima vi venne da pensare. “Fratelli Bikers in birra veritas vi dico che il percorso era così tostamente sfacciato al punto che l’avrei rifatto il giorno dopo,ve lo giuro su quello che volete anche su una bici con la grande C…” La loquacità non mi era mai mancata, ma quella sera l’avevo affinata grazie alla gradazione alcolica del 4,3% vol della Kilkenny. “Fare discese impegnative da coppa del mondo con radici viscide e tanto verticali in modo rilassato è una gioia, sempre stando attenti ai Locals che ti passavano in aria come un missile terra aria Matra R. 422 visto che eravamo in Francia. Poi se lanciavi la sfida a Serginio stai pur sicuro che ti toccava un inseguimento come fossimo due arei da caccia nemici… Con Mapo che intanto si dedicava alla sua passione: il drop cognitivo, nel senso che si buttava senza curarsi di cosa c’era sotto soprattutto in zona Chatel. In quegli anni era lo spot per eccellenza della gravity, si stavano modificando le piste guardando a quello che oggi conosciamo come linee ideali per la DH: tratti veloci con parti dove bisogna guidare sopra ogni indecisione. Ma talmente ben concepite che nessuno di noi fu deluso. Il percorso era talmente vario che non facevi in tempo ad apprezzarlo che te se ne presentava uno ancor diverso, un susseguirsi di curve ed appoggi che scivolava via sotto le ruote come un’anguilla impazzita nella vasca da bagno che si sarebbe mutato in un tripudio di radici nere ebano infidamente lucide che ti facevano togliere gli indici dalle leve dei freni catapultandoti su panettoni che mi sembravano alti come il Pan di Zucchero a Rio de Janeiro, statua del Cristo compresa. Ci sentivamo come gli Avengers giù dalla DH di Le Gets, investiti da super poteri avevamo pure cinque Bergamaschi a darci man forte chi meglio di loro poteva farlo? Eravamo tanto esaltati dal percorso che le orripilanti costruzioni total ski di Avoriaz ci sembravano delle affascinanti Stadel Walser come quelle di Alagna, pensate come eravamo messi. I mille metri di dislivello che ci toccava pedalare non erano poi così tanto cattivi, li abbiamo pedalati tutti compatti nessuno se ne andava in fuga, si affrontavano e basta sapendo che avremmo avuto un numero non quantificato di tratti in discesa, ovvio che se ci fosse stato Turbo giusto per fare un nome a caso non sarebbe stato cosi… Ma come sapete lui fa un altro sport. Ho visto anche dei Bikers felici quel giorno alle porte del sole, noi che cercavamo di andare sempre più lontano ci eravamo presi la nostra libertà, quella di corrersi dietro anche se non parliamo la stessa lingua e sorriderci alla seggiovia invitandoci a precederli sulla salita. La stanchezza ci faceva ricchi, non avremmo voluto altri tesori se non ripetere quell’esperienza.”
Tutti mi ascoltavano in un silenzio religioso, la musica era stata spenta, l’orario di chiusura era troppo vicino e ci eravamo ubriacati di ricordi. “Abbiamo rifatto per sette o otto edizioni la VTT Freeraid Classic anche a Les Deux Alpes, dove venne spostata qualche anno dopo. Non ci ha mai stancato, l’atmosfera che si viveva la rendeva unica: espositori, dimostrazioni di Bike Trial, Slope style e Dirt e l’esagerato numero di volti sorridenti sul percorso ne era la dimostrazione. ci manca ora che non è più tra noi.”
Ci alzammo in piedi e offrimmo alla memoria il fondo dell’ultima birra, come facevano i temutissimi Galli per celebrare un coraggioso guerriero defunto. L’oste per farci capire che era arrivata l’ora di levare le tende spegneva le luci una ad una e ci salutammo appena fuori assicurandoci di rivederci presto per un altro Giovedì, magari con qualche birra in meno… Gianni se ne partì sgommando seguito dall’Avvo con la sua Terios Giallo spensieratezza con la dovuta disinvoltura atta a mascherare i giri di birre che avevano scandito i racconti.
Guardai la mia moto con affetto tenendo tra indice pollice della mano sinistra la chiave di accensione, ma proprio perché gli volevo bene era il caso che tornassi a casa in Taxi. Beppe aveva già buttato giù la saracinesca, cercai nella tasca del chiodo il cellulare per chiamare il 4343… Ma che bella sorpresa, finita la carica della batteria… Due passi mi avrebbero fatto bene, camminando avrei continuato a ricordare quello che non avevo ancora raccontato ma ci sarebbero stati altri Giovedì.