Libro IV – Cap. III
A : ovvero l’importanza della prima lettera dell’Alfabeto in Pro-M
La lettera che dà inizio all’alfabeto Latino è chiaro a tutti noi è la A, ma non solo nel nostro è presente: Greci, Fenici, Etruschi ed Ebrei la considerano come punto di origine dei loro rispettivi alfabeti e non a caso prende oltre al suono, un preciso significato: di qualità elevata. Nella cabala Ebraica l’insieme degli insegnamenti esoterici e delle leggi dell’universo che si rappresentano simbolicamente nell’albero della vita, Aleph è il simbolo dell’unità, del principio e quindi della potenza, della continuità, della stabilità e dell’equanimità.
Se quella sera di Giugno in cui l’afa stava iniziando a mettere sotto il suo alito pesante Milano ed interland, Gianni non avesse parcheggiato la sua BMW 2002 Turbo Grigia per passare la serata con gli amici in una discoteca zona Primaticcio, ma avesse di fatto cambiato idea e come era uso in quegli anni e avesse preferito fare tutta una tirata Milano-Arenzano per andare a cena scatenando i 170 CV della sua auto preferita del momento, la Pro-Meide non sareste qui a leggerla e non solo la mia vita avrebbe avuto un altro svolgimento. Le luci stroboscopiche riflesse dalla mirror ball al centro della pista con “That’s The way (I Like It)” di KC & The Sunshine Band a pieno volume dalle casse fianco a fianco alla consolle del DJ in spudorato stile “Saturday Night Fever”, rimbalzavano da un angolo all’altro della sala, manco fossero palline impazzite in un Flipper in tilt, cosa che non mise in difficoltà Gianni nel notare una ragazza mora dall’incarnato mediterraneo che sfoderava gambe chilometriche con perenne sorriso sul volto mentre stava appoggiata alla spalla di un divano di fronte a lui, chiacchierando con alcuni suoi amici di cui uno era conoscente di Gianni.
Lo sapete come è fatto ora, immaginatevelo a vent’anni: cosa non avrebbe fatto per conoscerla, ma in fin dei conti il suo essere burbero cela una certa timidezza di fondo quindi chiese al suo amico di organizzare un’uscita a quattro, un classico che va d’incanto in ogni occasione per non metter in imbarazzo si fa per dire nessuno dei partecipanti, con quella ragazza dalla quale non riusciva a staccare gli occhi “Come si chiama?” Nella confusione che nella discoteca prevaricava tutto, il suo amico gli gridò nell’orecchio “Angelica, si chiama ANGELICA!” .
Credete che abbia fatto passare un mese? Certo che no, dopo una decina di giorni si concretizzò il momento di rivederla e cosa più importante di conoscerla. Angelica chiese ad un sua amica di andare con Lei al Bobadilla a Dalmine, discoteca di gran moda in quegli anni che attirava gioventù da mezza Lombardia per passare una sera con un paio di suoi amici. Non so se sia stato il fascino alla Humphrey Bogart delle Gitanes senza filtro che Gianni si accendeva o per quel suo essere fuori dalle righe ma da quella sera iniziarono a frequentarsi: Angelica gli rivelerà tempo dopo che la sera nella discoteca in zona Primaticcio non si era accorta della sua presenza, questo lo disse con il sorriso avvolgente che non la abbandona mai.
Un anno era passato in fretta cosicché l’anno successivo Angelica e Gianni decisero di fare una vacanza in stile on the road, utilizzando il Renault Estafette rigorosamente bianco, in quegli anni iniziava ad essere la tinta d’ordinanza dei veicoli commerciali, della azienda del padre di Gianni, come meta finale la Calabria. Ma non ci arrivarono quell’anno, mentre Angelica si trovava al suo turno di guida un colpo di sonno la colse nel suo stile più puro, senza averle dato un avvisaglia: perse il controllo del furgone nel tratto compreso tra Val di Chiana e Chiusi, improvvisa sbandò a destra infilandosi in un punto non protetto dal guardrail: l’inconsapevole Estafette si adagiò maleducatamente sul fianco destro nel fondo del canale scolmatore che corre ancor oggi al fianco dell’autostrada A1. Chi ebbe la peggio fu sicuramente il furgone che finì dal demolitore, Gianni che si trovava addormentato sul sedile destro ebbe bisogno di tre mesi di gesso ingabbiato fino al torace all’Ospedale S.S. Maria della Misericordia di Chiusi Scalo per poter riprendere una parvenza di vita normale con strascichi che dopo 45 anni si porta ancora appresso.
Antonio, il Sig. Biffi padre, aveva per Angelica una sorta di adorazione, aveva visto in Lei la donna che aveva la capacità di trattenere l’esuberanza del suo figlio maschio cosa che né Ada sua moglie né Anna sorella maggiore di Gianni pensavano fosse una missione dai risvolti facili. Assodato che Gianni lavorava nell’azienda familiare dedita ai ricambi per auto e, a causa dei postumi dell’incidente, era impedito nel guidare l’auto e seguire i Clienti, chiese a colei che da lì a breve sarebbe diventata la compagna della sua vita di aiutare lo sciagurato nei suoi impegni quotidiani.
Ci sapeva fare il Sciùr Biffi non solo nel lavoro, fu capace di far sentire Angelica, qualcosa che andava oltre l’affetto che provava come fidanzata di Gianni, quel sentimento profondo che lega il padre ad una figlia, una catena di cui non senti il peso ma ne riconosci la preziosità.
Da quel momento un legame lavorativo indissolubile si instaurò con Gianni e la sua famiglia, iniziò facendo di tutto un po’: autista, segretaria, contabile, amministrativa, tenere a freno Gianni era difficile ma i tempi erano maturi: dopo una memorabile festa con gli amici che non sarebbero stati poi presenti al matrimonio con le famiglie, guarda caso al Bobadilla dove ci fu il loro vero primo incontro, convolarono a nozze nell’anno di grazia 1977.
Nel 1980 nacque la loro prima figlia Alessia che sembra la sorella minore di Angelica tanto ha preso nei tratti da lei, ho vivo il ricordo di quando la incontrai la prima volta in Lucilio Gaio. Aveva un piglio deciso mutuato da modi gentili e da due occhi neri profondi che sbucavano da una cascata di riccioli nero corvino rivelando il suo essere volitivo, cosa che pare l’accomunasse a suo nonno Antonio, non fu un caso che dopo essersi laureata in scienze della comunicazione, credo che a parole sarebbe un bel duello tra noi due, si distinse per la sua capacità commerciale in una azienda storica di accessori moda, ma la sua presenza nel circolo delle “A” di Pro-M fu una costante che continua ancor oggi per quanto si dedichi a tempo pieno al ruolo di mamma. Delle volte non mi capacito della velocità con la quale il tempo ti scivola tra le mani.
Alberto arrivò più in là nel tempo nel 1987 appena dopo che un altro cambiamento era stato propiziato da Angelica: tre anni prima aveva trovato lo stabile in Via Lucilio Gaio che sarebbe stata la nuova sede dell’azienda di famiglia ma dal 1997 la storica sede di Pro-M. Fu uno dei tanti cambiamenti che nel corso della vita imprenditoriale di Gianni furono innescati da Angelica. Alberto me lo ricordo quando era all’inizio delle medie inferiori, era molto diverso fisicamente da come lo conosciamo ora; stava in quella fase che accomuna i maschi pre-adolescenziali ai pulcini di cigno prima di mutare e prendere una forma adulta elegante. A differenza di sua sorella non era un espansivo nei modi e nelle parole, stava molto sulle sue anche quando ci capitò di portarlo con noi in giri in bicicletta al Pian delle Betulle, Gianni gli aveva fatto preparare un DMR Sidekick ad immagine e somiglianza Pro-M ovviamente e quando fu più grande ormai diciottenne, provò anche la moto da enduro, altra grande passione di suo padre, ma non era la sua tazza di tè. La bellezza di essere presi da altro pur facendo parte di un preciso ambiente familiare è la dimostrazione che non siamo la proiezione del desiderio dei nostri genitori, sapremo poi dimostrare che riusciremo ad interagire con loro anche grazie a quello che sembrava essere così lontano dai loro pensieri. Me lo sono rivisto atletico, sereno e laureato affiancare Gianni ed Angelica nel gestire Pro-M dal 2012. Il suo ingresso e la sua grande capacità commerciale e di visione d’ insieme avrebbe dato vita ad una serie di cambiamenti ed implementazioni che continuano ancora giorno dopo giorno e che hanno portato il Tempio a divenire un’ azienda vera e propria.
Se il mio rapporto di Amicizia (la A maiuscola non è usata per errore) con Gianni persevera da oltre 20 anni lo devo a Angelica che sa leggere l’anima delle persone, mi affiorano alla mente tutti quei momenti che abbiamo condiviso, le gite a Chiavari in moto, i giorni d’estate al Pian delle Betulle ma innanzitutto la settimana che mi cambiò la vita: grazie alla sua passione per il gioco del bridge passammo una settimana in Sicilia in un villaggio in riva al mare. Ci eravamo portati le bici per scorrazzare tra Etna e dintorni dove una sera al ritorno dal Vulcano conobbi quella che sarebbe diventata mia moglie seduta al tavolo al suo fianco… Non ha cambiato il destino solo a Gianni.
Se devo dare un merito sopra tutti ad Angelica è quello di essere in grado di farsi carico di tutte le situazioni che coinvolgono la gestione di Pro-M giorno dopo giorno, sempre con una positività che difficilmente ho riscontrato, credo grazie all’unità, alla continuità, alla stabilità e all’equanimità che trasmette a Gianni da quella sera di Giugno del 1975.