Libro II – Cap. VII
La stagione dell’odio saccente
2001 Odissea nello spazio di Stanley Kubrik è un film del 1968 che è divenuto una pietra miliare del cinema. La sequenza iniziale si apre su un gruppo di ominidi guidati da un maschio alfa che sopravvive nell’Africa di quattro milioni di anni fa, in un ambiente ostile, a fatica . In un giorno di ordinaria sopravvivenza davanti alla loro grotta in modo misterioso appare un monolite nero; gli ominidi venendovi a contato imparano a maneggiare in modo istintivo oggetti ed usarli come utensili ed armi per procurarsi cibo e difendere il proprio territorio eliminando i nemici. L’osso gettato in aria si trasforma nella scena successiva nell’astronave Discovery One che sotto la supervisione del supercomputer HAL 9000, dotato di intelligenza artificiale, è in grado di interloquire con gli umani e di riprodurre tutte le loro attività cognitive con sicurezza e velocità immensamente superiori. Questo salto temporale è una metafora sull’evoluzione, ci spiega l’indissolubile legame che unisce l’uomo alla scienza ed al tempo; ci fa capire che la tecnologia altro non è che il prolungamento della ricerca per migliorare la nostra esistenza senza la quale non ci saremmo mai evoluti, saremmo rimasti nel tempo libero a spulciarci sotto un acacia passando il resto del tempo nella savana Africana cercando bacche, radici con il mal di stomaco per la fame e col cavolo che avremmo inventato nel nostro piccolo la bicicletta, passatempo che ci diverte molto di più delle pulci.
Anche la MTB non sfugge a questo sunto: è l’evoluzione di qualcosa che esisteva. Nel tempo l’abbiamo migliorata attraverso l’immissione di competenze meccaniche, estetiche e soprattutto di sensibilità nella guida che ha permesso l’evoluzione delle prime realizzazioni (la miglior bicicletta sarà quella che uscirà dopo questa e a sua volta sarà sopravanzata da quella che verrà dopo e così all’infinito Gianni Biffi cit.) facendoci capire che erano l’osso buttato in aria dagli ominidi. Quindi lo spazio temporale a volte è relativo ma il Biker fatica a tenere il passo dell’evoluzione, generalmente si siede in una zona di conforto dove si circonda di convinzioni che gli possano trasmettere sicurezza: ogni proposta che va a bussare alla sua porta difesa dai chiavistelli dell’abitudine fa scattare una sorta di stizzita repulsione. Questo lo avevo vissuto fin dalle più remote origini quando la forcella ammortizzata sembrava ai più una bestemmia tirata a Pasqua, i freni a disco un’inutile complicazione e le sospensioni a corsa lunga utili solo sulle motociclette, perchè la bicicletta era e doveva rimanere immacolata come il dogma della natività.
Le chiacchiere da bar sport erano agli inizi molto localizzate, non avevano una diffusione globale, l’uso della rete non ancora sviluppatissima negli anni novanta: nei primi anni duemila i forum specifici nel mondo MTB comparvero sulla rete come pagine di aggregazione e discussione. I leoni da tastiera, celati dietro un nomignolo, avevano iniziato a sbadigliare per far vedere chi aveva nella savana (alla fine si torna sempre lì) la criniera più folta. Il vero problema è che le competenze non si acquistano, sono il risultato di ricerca studio e del mettersi in discussione continuamente: il dubbio permette di evolvere, la cieca certezza porta ad un odio saccente che su nessuna base scientifica né teorica né pratica ha fondamento. Questo è dovuto all’illusione di competenza nota anche come “effetto Dunning-Kruger” dai due ricercatori che descrissero questo pregiudizio cognitivo che affligge in tempi moderni i frequentatori di forum ed social networks, ahimè… Sebbene tutti abbiano un’opinione positiva delle proprie capacità in vari ambiti sociali, alcune persone valutano erroneamente il proprio livello di competenza, credendolo molto più alto di quanto non sia in realtà. Nonostante vengano messi di fronte a prove scientifiche inconfutabili a supporto dei soggetti da loro attaccati, invece di essere perplesse o confuse le persone incompetenti insistono nel sostenere di avere ragione. Come scrisse Charles Darwin ne “L’origine dell’Uomo: ”l’ignoranza genera fiducia più spesso della conoscenza”.
Tutto questo nel 2006 esisteva già, è intrinseco della natura umana, per cui la rivoluzione tecnica delle 29″ che si era affacciata solo nella seconda metà del 2005 divenne soggetto di dispute anche feroci. Premetto che Gianni nella sua visione evolutiva incarna lo spirito dirompente del futurismo e non a caso ha sempre catalogato i mezzi del passato che fossero auto, moto, biciclette o apparati elettronici come “robe vecchie” che avevano un senso solo nel tempo presente che avevano vissuto, questa lo accompagnava, insieme a una curiosità famelica, sempre e costantemente al trovare nuove applicazioni tecnologiche. Le 29″ erano in quel momento la rivoluzione del concetto stesso di MTB, con loro finalmente le geometrie si stavano evolvendo, i movimenti centrali erano sotto la linea dei mozzi, l’utilizzo delle ruotone aveva generato una spinta verso il contenimento dei pesi delle masse sospese al fine di migliorare la guida: che cosa di meglio poteva ritrovarsi tra le mani? Nulla di più affascinante, peccato che il suo sostenere la bontà di tale soluzione lo portò a scontrarsi con moltissimi detrattori mascherati.
Le sue convinzioni erano frutto di due condizioni molto rilevanti: la prima era dovuta al suo voler esaminare con metodo empirico e non soggettivo la reale efficacia del progetto attraverso comparazioni di percorsi, efficacia di azione in ugual utilizzo, slegandosi dall’aspetto puramente passionale per la novità. La seconda, più probante, passava attraverso la sua forma fisica, che grazie all’età, agli incidenti multipli sui campi da cross ed in MTB non era sicuramente degna di un Pro-rider che normalmente guida sopra i problemi, non se ne accorge visto che adotta tarature possibili per lui ed agli Androidi di Blade Runner. Il fatto di essere nella media dei Biker gli permette, grazie a questi handicap, di poter affinare la sensibilità necessaria per un giudizio oggettivo (il fatto di non essere stato un fuoriquota sul campo non mi ha impedito di diventare un discreto valutatore di giocatori. Arrigo Sacchi cit.) sui mezzi da lui testati. Lo scetticismo generato dalle soluzioni dei nuovi modelli lo accompagnava fedele durante la prova fintanto che spesso si trasformava in entusiasmo. Dopo aver provato e riprovato scriveva le sue valutazioni che come nel caso delle 29″ erano oggetto di lanci figurati di ortaggi (tanto per rammentare l’astio nel confronto del futurismo) fatti con livore da chi era passatista.
Premesso che non aveva l’intenzione di convertire nessuno, ci si avvicina all’illuminazione per scelta personale, i commenti erano sempre e banalmente supportati dall’ignoranza (condizione determinata da incompetenza più o meno colpevole) che tornando all’effetto Dunning-Kruger provoca scontri epici a colpi di tastiera sui forum e oggi specialmente sui gruppi Facebook.
Riguardo alle 29″ i commenti più comuni che ricordo, e che potrebbero essere applicati ancora oggi ad ogni nuova innovazione e/o cambiamento, senza tediarvi troppo, sono stati :
-Non gira, sullo stretto non può girare, sono lente-
-Le possono usare solo quelli alti di statura-
-Sono inguardabili, come si fa a comperarne una… E’ totalmente sproporzionata-
-Lo dici solo perché le vendi e quindi vanno bene per forza (questo nel caso di Gianni è un must ancora oggi attuale)-
-Non hanno futuro, non ne comprerò mai una piuttosto smetto di fare MTB-
-Vanno da tutte le parti i cerchi non sono rigidi a sufficienza-
-Non potranno mai soppiantare le 26′ sono le uniche ruote, non siamo su bici da corsa-
Questi che ho elencato erano solo alcuni dei commenti più ricorrenti, ovviamente motivati da fortissime convinzioni. La stragrande maggioranza di chi scriveva non aveva mai pedalato una 29″, eravamo sempre nella fantastica atmosfera di “me l’ha detto mio cugino che ha un conoscente che ancor prima che uscissero le ha provate, sai mio cugino la sa lunga” oppure “l’ho letto su un forum di gente che ne sa, leggi cosa ha scritto Biker Primigeni quando l’ha provata”. Questi duri e puri nella loro visione avrebbero visto da lì a poco la progressiva estinzione delle 26″ grazie alla comparsa delle 27,5″ che ne avrebbero preso il posto nella linea evolutiva dell’allmountain / gravity continuando a denigrare le 29″ che avevano ormai completato la conquista dell’ambito cross country e trail.
Gianni si trovava giornalmente a disfide che non facevano altro che infiammare la sua verve simpaticamente polemica e che lo portò ad esplorare nuove soluzioni legate al mondo delle 29″ andando come da sua abitudine ad anticipare i tempi, sempre felicemente contestato da chi presumeva di avere la scienza infusa senza mai aver dato un esame.
P:S. : “Chi non ha mai ammesso un errore non ha mai provato nulla di nuovo”
(A. Einstein)