Libro II – Cap. V
Il Brutto Fattroccolo
Sul testo sacro che ormai veniva consultato anche sullo schermo del PC, da qualche tempo ci veniva proposta una buffa bicicletta totalmente rigida talmente sgraziata che a confronto un Bulldog Inglese ha la grazia di un levriero Afgano. Un vero scherzo della meccanica, ma nelle regioni dove la neve scendeva copiosa stava passando da oggetto dedicato a ciclisti che desideravano un mezzo puramente artigianale per competere alla Iditarod Trail. in realtà nasce nel 1973 come gara di cani da slitta che ogni anno si svolge in Alaska sviluppata su un percorso di 1600 Km circa tra Anchorage e Nome con l’obbiettivo di preservare l’uso tradizionale dei nativi Athabaska di utilizzare i cani messi sempre più in disparte delle motoslitte. Iditarod significa “un posto lontano”. la prima edizione con biciclette fu nel 1987 e fu vinta da Mike Curiak in sella ad una Willits con gomme da 3 pollici (un poco di nozionismo superfluo aiuta…). Da quel momento in poi qualche d’ uno inizio a pensare a un mezzo con più ampia diffusione, per permettere ai Bikers di tritare sentieri innevati cosicché l’industria intravide un altro segmento da esplorare.
Comunque l’idea non era per nulla nuova negli anni trenta si erano viste biciclette dotate di “balloon tyres”, ma solo negli anni ’80 un ciclo esploratore Francese, Jean Naud progettò e costruì la prima versione moderna che utilizzò per la traversata da Zinder, città della Nigeria, a Tamanrasset in Algeria. Nel finire di quegli anni in Alaska incominciarono a sperimentare componenti e configurazioni adeguate all’uso estremo, cercando di ottenere un miglior galleggiamento sulla neve. Un artigiano di Anchorage, Steve Baker sviluppò le sue Icycle Cycle saldando due o tre cerchi insieme e di conseguenza dovette creare telai e forcelle che potessero accogliere tali coppie di ruote: nel 1989 in sella a questa realizzazione tre ultraciclisti Roger Cowles, Mark Frise e Dan Bull completarono il percorso di 1000 miglia. A 3.660 miglia di distanza una guida escursionistica del New Mexico, Ray Molina, disegnò cerchi da 3,1 e gomme da 3,5 pollici per dei prototipi fatti realizzare ad hoc per accompagnare i Clienti lungo le dune di sabbia del deserto del sud-ovest: non avendo un produttore si mosse ad Interbike di Las vegas, dove incontrò Mark Gronewald mentore di Wildfire Design Bicycles che così iniziò nel 1999 a costruire piccole serie di biciclette complete con le ruote Remolino coniando il nome Fat Bike. Chi prese veramente la cicciona al lazo fu Surley che produsse la Pugsley (il nome è del fratello rubicondo e paffuto di Mercoledì i pestiferi bimbi presi tra dinamite, ragni ed altri passatempi pericolosi pargoli della Famiglia Addams) con carro asimmetrico e gomme Endomorph da 3,8 pollici nel Luglio 2005.
Gianni come sempre vorace ricercatore di novità, aveva ben sotto gli occhi questa nuova sotto famiglia perché le novità nel fuoristrada erano quasi sempre dominio dell’oltreoceano, molto più lesti ad intraprendere nuovi sentieri e questa volta potevamo scegliere se innevati, sabbiosi o fangosi: non fosse mai di non aver la possibilità di provarne una… La passione spesso conduce a soddisfare le proprie voglie (Faber cit.) lo sappiamo fin troppo bene siamo casi clinici conclamati. Quindi si mosse attraverso i suoi contatti oltreoceano conscio che nessuno in quel momento in Italia si sognava di importare una rigidona che pesava quanto un arco del Golden Bridge che aveva un uso ben limitato, l’Italia era comunque un paese di sciatori accaniti poco inclini all’uso della MTB in inverno, certo negli anni precedenti il Racing Team non si era fatto mancare le uscite in val Roseg per il nobile scopo di degustare la crostata al rabarbaro che creava dipendenza al punto che saresti tornato il prima possibile a mangiarne un’altra fingendo di aver dimenticato lo zaino. Verso il 2005 o 2006 MBA aveva fatto la comparsa nelle edicole in versione in lingua Italiana grazie alla traduzione di Gian Paolo Galloni anima e core di questa costola, che si adoperò per trovarne una al Gianni. Fu così che nel Dicembre 2005 arrivò in Pro-M la prima fat bike importata in Italia e successivamente nel Febbraio del 2006 la prova su Tecno MTB fu eseguita da Francesco Marzari a San Giorgio sui monti Lessini, dove quell’anno le nevicate non si erano risparmiate. La vidi come la favola del brutto anatroccolo, un essere freak che si fa amare per quello che è senza promettere nulla di più.
Mi sono immaginato così la sua nascita: “Quando la prima Pugsley ha visto la Luce, ai suoi genitori un sorriso di circostanza e di mal celato imbarazzo si irrigidì sul volto. Erano tutti lì, in officina dove erano nati tutti gli altri pargoli della famiglia, in attesa dell’ultima nata. Papà John Steel, la mamma Violet Pantone ed i gemelli Nick e Hans Double Compound Rubber, aspettavano l’uscita del product manager per aver modo di poter ammirare il pargolo, che attendevano fiduciosi da più di 20 giorni. Erano rimasti immobili davanti la porta nera che chiudeva alla vista l’officina, dove campeggiava minacciosa la scritta “l’ingresso è vietato alle persone non autorizzate, e chi lo fa entra a suo rischio e pericolo” firmato con un pennarello indelebile dalla mano severa di Frank The Welder, l’uomo che aveva fatto nascere centinaia di telai. Di colpo la porta si aprì e la luce fredda dei neon illuminò il viso di Freddie “pensoatuttoio” Sauce, il product manager, mettendo in risalto la cicatrice che si era procurato quindici anni prima, dolce regalo di un orso che aveva deciso di farsi la manicure sul suo viso mentre riposava nella notte tra una tappa e l’altra di una gara sulla neve in Alaska”. E’ nata Pugsley, una bella bicicletta, è sana, e pesa 14 chili e seicento grammi, sono sicuro che l’accoglierete felici nella vostra famiglia! Violet, John venite con me a far muovere i primi giri di pedale alla piccola…” I due genitori, stanchi e provati dalla lunga attesa chiusero gli occhi sapendo che la piccola sarebbe comparsa lì, in fronte a loro in un battito di ciglia, visto che se era per genesi figlia loro, sarebbe stata veloce, anzi velocissima, come i suoi fratelli, che per onor di cronaca erano i primatisti nel cross country e nell’all mountain. Una brusca frenata fece loro aprire gli occhi. Ma li avrebbero volentieri tenuti chiusi, dopo aver visto la neonata.
“Questa non è mia figlia” borbottò sottovoce John, schifato in viso. Violet emozionata, timidamente balbettò ” Caro, sai come sono i neonati, il trauma della nascita li rende… Poco attraenti, ma poi si farà bella come i suoi fratelli… Non essere così rigido, ti prego…” Lo sguardo dei due genitori si unirono nel guardare Pugsley. Al primo sguardo, non era poi tanto diversa dai suoi fratelli: aveva un esile telaio in acciaio, un telaio classico, saldature impeccabili, senza troppi fronzoli. Aveva preso tutto da papà, non c’è nulla da ridire. Il colore lo aveva preso da Violet, era proprio originale, una tradizione della famiglia Pantone. Ma… Qualche cosa stonava… Quelle grasse grosse ruote, che mettevano in ridicolo il telaio così smilzo, un telaio da atleta! Ecco cosa non andava proprio giù a John Steel, quelle grasse ruote, che sembravano soffrire di ritenzione idrica. “No… Mia figlia non può essere fatta così… Così malamente!” John Steel non si raccapezzava di avere una figlia fatta in quel modo. Per carità, è sempre mia figlia, pensò dando uno sguardo sconsolato a Violet, che appoggiò il suo manubrio sulla sella di Pugsley. Cosa avrebbe potuto fare così sgraziata? Come l’avrebbero considerata le altre biciclette? Sicuramente l’avrebbero sfiancata lungo salite interminabili, punzecchiata e spinta sui single track più tecnici, schernita per la massa in movimento delle ruote, visto che le altre giocavano su pochi grammi di differenza; Lei chili… Di troppo. Oltre tutto aveva due pedali enormi! Non come i suoi fratelli e sorelle che avevano pedali talmente minimali che per vederli ti dovevi avvicinare usando una lente di ingrandimento,erano atleti ed agonisti, volavano lungo i sentieri. “Cicciona, Pugsley è una cicciona!”. Il coro di Nick ed Hans era fastidioso ed insopportabile. Intavolarono un carosello indiavolato, girando tre volte in senso orario e quattro in senso antiorario, non riuscivano a comprendere cosa li confondesse, ma al cinquantesimo giro si fermarono facendo stridere i freni: Pugsley aveva un altro difetto: era asimmetrica! “Mamma, papà! Pugsley non può andare diritta! Lei è storta! Noi con lei non possiamo scorrazzare!” Una fitta al movimento centrale scosse Violet, la piccola oltre ad essere asimmetrica, aveva un movimento centrale larghissimo, che metteva a rischio la pedalata naturale. Avrebbe avuto bisogno di un telaista per essere rimessa in dima, pensò sconsolato John Steel.
Pugsley, nel frattempo era rimasta ferma, imbarazzata a guardare quello che succedeva intorno a lei. Non riusciva comprendere il disagio della sua famiglia, in fin della fiera era sempre una bicicletta, esattamente come i suoi fratelli: era un poco impacciata, è vero, ma aveva una grazia nei movimenti invidiabile. Nel frattempo, era venuta a far visita alla neonata, una vecchia zia nota per la una eccentricità: “Pippa Woodchipper”. Per anni non era stata capita, derisa per le sue forme, per la sua mania per i viaggi, ma lei non si era mai fermata davanti a nulla, anzi scavalcava tutti gli ostacoli. “Violet non ti crucciare. Crescerà e diventerà una gran bicicletta. Lo so, è impacciata, forse lenta, ma determinata. Lei è una bicicletta speciale e troverà la sua strada, vedrai…non sarà agile come i suoi fratelli e sorelle, loro hanno la strada tracciata… Non devi spingerla su sentieri che non le appartengono, ma son sicura che con un bel set di sacche in neoprene, avrà un bel da fare nei viaggi, ed io ne so qualcosa, che dici ?” Violet fece tintinnare il deragliatore e il cambio si mise in tensione ringalluzzita dalle parole di Pippa. John Steel aveva un bel impegno nel tenere a bada i due gemelli. Era visibilmente preoccupato per la diversità di Pugsley. Cercava di avere un aria rassicurante ma del suo profondo sentiva la ruggine che faceva strada. Intanto la piccola cicciottella, seguiva con il suo passo, simile ad un valzer lento, la sua famiglia. Stavano andando a casa, finalmente. Come ben sapete, i figli crescono ad una velocità fotonica, esattamente alla quale i due gemelli scorrazzavano su e giù per i singletrack di mezzo pianeta, deridendo come sempre la sorellina che aveva un altro passo, molto più riflessivo, che la portava a contemplare le bellezze della natura. Lei si prendeva tutto il tempo necessario, ormai l’estate stava volgendo al termine e da lì a poco dopo un autunno di foglie secche e di temperature verso il basso, l’inverno si sarebbe impadronito dei sentieri e delle montagne, nascondendoli sotto una coltre di soffice neve. Pugsley non l’aveva ancora vista, i due gemelli ne parlavano come una terribile pestilenza, che metteva a dura prova il rotolamento dei pneumatici, che attanaglia tutto ed impedisce alla catena di saltare da un pignone all’altro. Lasciando perdere i pedali, che si riempivano di neve e ghiacciavano immediatamente, senza possibilità d’agganciare. Odiavano l’inverno, era chiaro a tutti: nonostante mamma e papà li spronassero ad uscire per allenarsi, loro si rifugiavano in fondo al garage coperti da un telo mimetico, sperando di essere confusi con l’ambiente. Tra una pioggia e una giornata di sole pallido, un ingiallimento di foglie seguito da rapida caduta, l’inverno si presentò alla porta e che signor Inverno quello che conobbe Pugsley!
Per giorni interi la neve scese copiosa, ammantando i sentieri più belli. I due gemelli non uscivano dal garage da almeno tre settimane e per essere meno riconoscibili si erano messi intorno una serie di tubolari da cross country, quelli per un uso su terreni asciutti. Ma John Steel e Violet Pantone erano genitori dolcissimi ma determinati: i ragazzi dovevano sapersi comportare su ogni tipo di terreno e con tutte le condizioni atmosferiche. Quindi, poche ciance e fuori a correre nella neve. Pugsley guardava con interesse quel manto che tutti chiamavano neve: non capiva perché la temessero tanto… Era a vista sicuramente meglio dell’asfalto, o della terra battuta, dove i fratelli terribili scorrazzavano tirando frenate mostruose fino a bruciare le coperture.. .Che giochi stupidi, si ripeteva sempre mentre controllava la pressione delle sue gomme. durante l’estate aveva capito che non poteva girare con le pressioni assurde che usavano le altre biciclette: lei rimbalzava come un pallone da basket sul parquet. Aveva accettato la sua diversità, vero che le altre facevano le carine davanti a lei , ma poi la deridevano appena prendeva la salita che portava a casa. “Che vuoi che faccia, poverina, così grassa, la salita per lei è un vero calvario… Con quelle gomme,non la si può vedere, chi vuoi che se la pigli?” Chis e Cross Twentyniner erano due cugine un poco alla lontana per parte di mamma. Da sempre a dieta, stavano attentissime a non oltrepassare gli otto chili e 500 grammi con tanto di pedali, e aborrivano come una malattia infettiva l’acciaio; loro solo purissimo carbonio, qualche dettaglio in ergal, giusto per essere più chic sulla linea di partenza. Durante l’inverno si riposavano attendendo la bella stagione per ricominciare le competizioni, quindi l’unica cosa che potevano fare in quel periodo era di spettegolare su tutto e tutti, due vere malelingue.
Violet lo sapeva bene, le teneva volentieri alla larga e faceva in modo che rimanessero appese fino a primavera alla rastrelliera. Quel giorno, un sole scintillante squarciò il velo di nuvole che da giorni opprimeva il cielo, un caldo raggio entrò in officina durante la seduta di manutenzione invernale: le due mentre si lubrificavano la serie sterzo con un grasso al litio, punzecchiarono Violet sulle condizioni fisiche dell’ultima nata. “Povera piccola, che futuro avrà, così… Insomma così sgraziata? Nelle competizioni non la vedo proprio, prima che possa partire, le altre hanno già concluso almeno sei giri, sai com’è… Non capiamo perché sia nata così. Non sei stata fortunata questa volta: i due gemelli due campioni e questa…” Violet non si fece prendere alla sprovvista e pur offesa dalle cattive parole delle due cugine, che come sempre avevano un aria di superiorità insopportabile dopo aver vinto tutto quello che c’era da vincere, rispose a tono: “c Crissime, visto che voi di figli non ne avete, forse non riuscite a comprendere quello che Pugsley vive. E’ una bicicletta molto confortevole, si atteggia poco a prima della classe, verissimo è di costituzione robusta, ma meglio qualche chilo in più e stare al riparo di rotture… Che dite? In ogni caso oggi i gemelli e lei usciranno per il loro primo giro sulla neve. Perché non vi aggregate? Due campionesse come voi possono solo che dimostrare quanto la forma fisica sia importante…”
Pusley scosse la catena, tirò le leve dei freni spinse sulle gomme per vedere se la pressione era adeguata e si avvicinò a Violet. Timida era timida, uscire la prima volta sulla neve con due campionesse! Intanto John steel aveva, come sempre un gran daffare per stanare le due pesti, che si rifiutavano di uscire dal loro rifugio. “Fuori, ho detto fuori, oggi vostra sorella ha bisogno di supporto , cercate di essere gentili con lei, guai a voi se vi permettete di prenderla in giro!” A malavoglia i due monelli fecero capolino tra le gomme e scuotendosi la polvere di dosso si piazzarono in centro al garage. Le due cugine come sempre splendide, erano già pronte sull’uscio: la piccola Pugsley, titubante, attendeva in un angolo: “figlia mia, suvvia un poco di energia! So che oggi sarà un giorno importante, ma non temere, le condizioni sono difficili anche per loro. Non ti spaventare e segui le ragazze, loro di esperienza ne hanno da vendere. Per quanto riguarda voi due, lubrificate bene la catena, e non toccate i freni, con il freddo si bloccano! Anche le sospensioni, mi raccomando adeguate la pressione! Pugsley mettiti i manicotti sul manubrio, esile com’è temo si ghiacci. Tesoro, fatti baciare!” John Steel aprì la porta e tutti furono irradiati dal sole, mille scintille si alternavano sui pendii innevati e sugli alberi carichi, pronti a scaricare il peso al loro passaggio. Il sentiero si intravedeva, grazie alle spallucce che si erano formate ai lati tra gli alberi, lo spazio per passare era poco e sicuramente bisognava stare in fila indiana, sfruttando la traccia di chi apriva l’itinerario. Le due cugine, nonostante sinistri scricchiolii che si alternavano ad ogni colpo di pedale, cercarono subito di fare selezione, tanto per dimostrare che erano loro a comandare il gruppo e che i tre fratelli rimanessero in scia quatti, quatti.
Fin tanto che lo spessore della neve era compatto, le due spingevano suoi pedali ossessive, distanziando i gemelli, ma non Pugsley. Timida era partita, non conoscendo il terreno innevato e tanto meno il sentiero: ma subito aveva sorpassato i gemelli, già in difficoltà anche a causa della temperatura che non aiutava le loro sospensioni, anzi le impigriva. Lei invece sorridente, galleggiava leggera come una piuma portata dal vento. Le sue gomme tanto bistrattate la facevano correre spensierata, senza fatica apparente. Le due cugine stavano a pochi metri di distanza da lei e non riuscivano a distanziarla, complice soprattutto la perdita di trazione delle gomme strette e lei piano piano riguadagnava terreno. I due gemelli intanto si ostacolavano senza procedere di un metro, riempiendo gli snodi delle sospensioni di neve che prontamente si ghiacciavano rendendo insensibili agli urti le stesse. Il sentiero si inerpicava nervoso, disegnando dei colpi di coda, con tornanti secchi e fastidiosi: Chris, in un tornante, perdette l’equilibrio e ruzzolò nella neve fresca lasciando a Pugsley, che stava salendo leggiadra come una libellula, affiancò la seconda cugina, la feroce Cross. Quest’ultima, vedendosi affiancare dalla sgraziatissima piccola, tentò uno scatto imperioso spingendo sul suo 3×10, ma il forcing si interruppe nel giro di pochi colpi di pedale. la ruota posteriore continuava ad affondare, ora che la neve aumentava in altezza e faticava a percorrere metri. Pugsley fece scivolare sul pignone inferiore la catena e decisa tentò il sorpasso… Che riuscì al primo tentativo: Cross si era impapinata su un piccolo dente, complice un accumulo nascosto che fermò la sua azione. La nostra piccola non lo vide nemmeno, si involò sul falsopiano staccando tutti gli altri, si lasciò portare dal pendio in leggera discesa, inanellando dei piccoli stacchi dal terreno innevato lanciando in aria spruzzi di neve cristallina. Ringalluzzita dalla facilità con la quale riusciva a staccare la banda tronfia di prosopopea, in verità solo da parte delle due cugine, visto che i monelli avevano girato le ruote e stavano tornando a casa ormai sfatti, si lasciò trasportare nella neve fresca, affrontando dossi, gobbe e alberi che si trovava sul percorso come le porte di uno slalom.
Così non si fermò più. I giorni dell’inverno volavano via con il vento tra gli alberi, inseguì il sole, scorrazzò sotto fitte nevicate, attraversò laghi ghiacciati spaventando i pescatori che fissavano il buco dal quale tendevano gli agguati ai pesci: scappò dagli orsi polari che volevano mangiare i pesci e l’avevano scambiata per una strana foca, correndo al fianco delle slitte dei nativi. Nessuno riusciva a starle davanti, nemmeno i cani più allenati, che cercavano di mordicchiare le sue gomme cicciotte. A casa, Violet aveva immaginato che quella bicicletta così sgraziata, avrebbe trovato la sua via e sarebbe stata lontana a lungo. Di tanto in tanto riceveva una cartolina da paesi che aveva visto solo sul mappamondo, con saluti di altre biciclette a lei simili, che alcuni genitori non sprovveduti avevano generato. Sul forum di Bicycle Book aumentavano i contatti. Tutti avevano preso in simpatia Pugsley. Da buona cicciona era sempre allegra e curiosa, aveva incontrato in un’officina, dove si era sottoposta ad un piccolo lifting alla sella ed al manubrio, Pippa Woodchipper. La zia, che tornava da un giro eterno che divide le montagne ed i deserti, le fece dono di un set di borse da viaggio. “Cara nipote, non avevo dubbio che saresti cresciuta in fretta trovando le tua strada. Certo abbiamo impiegato un poco di tempo per scoprire le tue capacità, tua madre ti ha sempre capito per verità, sapeva che tu sei una bicicletta speciale, la via era tracciata. Adesso, mia cara, la neve sta finendo. Ti aspettano altri terreni, che tu non conosci, come la sabbia. La sabbia è come la neve, solo che non è fredda ma si comporta esattamente come lei: puoi trovarla soffice, oppure compatta lavorata dal vento e per arrivare nel regno della sabbia dovrai attraversare luoghi dove il padrone è il fango, un altro elemento ostico, che cerca di rapirti e trattenerti tra le sue braccia. Stai attenta, Pugsley, ma ora sei pronta per tutto un altro mondo. Tu non sei fatta solo per l’inverno, vedrai che ti troverai a tuo agio ovunque… Volerai come un cigno sopra tutto e tutti. Stai attenta alla pressione, mi raccomando!”
Pugsley, fu scossa da un tremito. Da una bicicletta sgraziata, quale era stata considerata è cresciuta una bicicletta grassottella, ma con tanto fascino e tanti futuri riconoscimenti. Salutò Pippa Woodchipper, imbucò una cartolina per mamma Violet e papà John con gli auguri di buon anniversario e tranquilla, dopo aver fissato le borse, si mise sulla strada, inseguendo il volo dei migratori che come lei cercavano nuovi lidi.
Le fiabe, Andersen insegna non sono sempre a lieto fine: anche le fat bikes sono finite presto nel dimenticatoio delle mode passate in fretta, vittime predestinate di un errore di valutazione di importatori e produttori che ne volevano fare la bicicletta universale pensando di farne un best seller, aspetto incompatibile con lei poiché era un mezzo destinato ad un impiego ben specifico! Così nel giro di pochi anni intraprese il viale del tramonto denigrata da chi gli aveva spergiurato amore eterno, a noi una lacrima fugace ancor scappa pensando al tempo passato con lei nel giusto ambiente !!!