Libro II – Cap IV
Bike and Glory (that’s a new story)
Mettiamo che il magazzino di via Lucilio Gaio, 7 fosse il rifugio peccatorum di Gianni ed un sacco di altre persone: chi è senza peccato scagli il primo telaio, dove come in un tempio mitraico si officiavano riti misteriosi di affiliazione alla fede incrollabile nei prodotti esoterici, i fedeli vedevano i prodotti commerciali come il ripudio totale del proprio credo.
Il mondo intorno correva rapidissimo in tutti i campi come tutti ci accorgemmo e dopo quasi un decennio di attività Pro-M non era più solo un passatempo per Gianni che tra le altre cose era impegnato da importanti cambiamenti nell’ azienda di famiglia, era arrivato il momento di una riflessione: agire per evolvere passando ad una fase di apertura ad un pubblico più ampio del tempio pur mantenendo la sua anima di ricerca e di qualità legata alla passione frutto di una visione totalmente lisergica per dare un senso più ampio alle energie che giornalmente venivano profuse. Giocare va benissimo, ma il gioco come ben sapete deve perlomeno tenere accesa la candela… Quindi il gioco si sarebbe giocato su un altro tavolo e chi aspetta la mossa del croupier ha già perso la mano: le scelte sono come una mano a poker, le giochi sempre prendendole da un mazzo non segnato perché i bari alla fine la pagano perchè le carte poi le devi mostrare al banco.
Non so se Gianni avesse questo pensiero ma da imprenditore non era nuovo e sempre per essere banali non solo una decisione fa la differenza, bisogna anche valutare attentamente le cause e le conseguenze e dove vuoi arrivare in questa maratona come fosse una danza.
Visto che non era la sua priorità in questo momento della sua vita imprenditoriale, non intendeva gestire un eventuale negozio da solo, non aveva il tempo per dedicarsene a pieno, dovette cercare un socio, un appassionato che potesse quotidianamente occuparsi dello spazio di vendita, che avesse le sue stesse o per lo meno simili idee sui prodotti da mettere in vetrina e nella gestione del Cliente. L’occasione gli venne servita come i quaranta punti di apertura in prima mano a scala quaranta, Alberto B. (in arte “Lecter”) un nostro compagno di scorribande era entrato in una fase di stallo esistenziale non solo lavorativo, era stanco di quello che stava vivendo già da tempo aveva espresso in più occasioni il desiderio di una pausa di riflessione e durante uno dei tanti viaggi sul furgone aveva parlato di questo a Gianni: aveva le caratteristiche indicate al ruolo. Impallinato, di formazione ingegneristica quindi a volte come tutti coloro di tale parrocchia ben quadri, senza nulla togliere alla geometria piana.
Come ho già raccontato in occasione della fondazione di Pro-M, Gianni non è uno che cincischia sulle decisioni purché non essendo un devoto metteva sul banco il concetto Buddista dell’immanenza, perché se non muti la situazione con una tua azione questa muterà in ogni caso senza che tu possa controllarla ed il controllo era fondamentale per il progetto.
Lo spazio doveva rispondere a dei requisiti ben precisi: posizionato non troppo lontano da Lucillo Gaio dove al momento i corrieri recapitavano le spedizioni, ad una distanza giusta da Marnati che comunque si occupava dei montaggi e della manutenzione, che non fosse troppo grande visto il prodotto che si sarebbe venduto non necessitava un esposizione da mercato rionale e non ultimo una certa facilità di parcheggio coniugata alla facilità di accesso allo svincolo autostradale di Milano Certosa, visto che Pro-M aveva clienti da tutto il nord Italia e non solo.
Che fosse facile trovarlo con tutti questi requisiti nella Milano del 2005 non lo era, la situazione commerciale era frizzante come l’aria di quell’inizio di primavera, ma un giorno recandosi da Marnati incolonnato prima dell’incrocio vide un cartello appeso ad una serranda grigia abbassata che recitava AFFITTASI in corrispondenza del numero 29 di Via Principe Eugenio. Si accostò mettendo le quattro frecce e si annotò il numero di telefono della proprietà, l’avrebbe contattata da lì a poco appena ritornato in ufficio. “O’ Pate de criature”, il numero 29 sembrava avesse fatto sì che si fosse incolonnato, e distrattamente lo avesse spinto a buttare l’occhio oltre il filare dei platani che aprivano finestre sui palazzi della via… Quel numero avrebbe generato le bimbe del cambiamento (26″ is dead baby, 29″ is the future cit. Gianni Biffi) poco tempo dopo e Gianni come sempre sarebbe stato al centro dell’occhio del ciclone, ma questo sarà come sempre una sua decisione.
Non fu necessaria una lunga trattativa per affittare lo spazio, Gianni chiamò Lecter che altrettanto rapidamente si mise d’accordo su come iniziare il nuovo progetto.
Nell’ Aprile 2005 aprì il Pro-M Store, il primo negozio di Pro-M che venne poi inaugurato ufficialmente il 12 Maggio; una nuova era aveva preso inizio, quella che sembrava un naturale sbocco dell’importazione diretta aprì la strada che poi portò ad un passo più importante qualche isolato più in là, qualche anno dopo. All’ingresso campeggiava sobria l’insegna Pro-M Store “Unusual Bikes and Wear” – “Bike and Glory” che metteva ben in chiaro che cosa ti aspettava mettendo il piede dentro, dopo aver suonato il campanello, ovviamente. Il progetto del design dell’interno era minimale condito da un grigio che metteva in risalto i pezzi messi in mostra. Lo spazio era piccolo appena entrati ti trovavi sulla sinistra una rastrelliera metallica con inserti di legno di un caldo colore mediterraneo sotto lo striscione Ellsworth dove appese ci trovava spazio la collezione di Primal Wear, un abbigliamento ripieno di citazioni al Peyote che rendeva l’onore dei Bikers citando Rolling Stones e Greatful Dead perchè la nostra passione è più vicina alla psichedelica più di quanto lo possiate immaginare, passando per i le maglie dei Marchi più blasonati nel mondo esoterico Californiano. Un inno alla follia lisergica ed al sole che probabilmente aveva brasato la mente del grafico. Come in una vetrina di gioielleria d’arte al fianco si trovavano in bella vista una serie di componenti raffinatissimi che ci sarebbero stati benissimo in “Colazione da Tiffany”, anche se li in Principe Eugenio avevamo solo un paio di bar un poco più terra terra che offrivano quello che desideravamo: siamo dei rustici con l’animo dei signori. Alla fine del percorso una torretta conteneva sotto chiave la collezione degli occhiali più desiderati dai Bikers, a destra una scrivania e sopra il logo Mountain Cycle che occupava 2/3 della parete.
Le bimbe scelte per la prima erano due San Andreas DNA canto del Cigno di Mountain Cycle, una Ellsworth Moment, The Witness GoldOne che aveva fatto già notizia e la ormai nota forcella Bergman Alice SC oltre alla prima Fox 36 di un ribrezzante color marrone che faceva copia con una Fox 40 doppia piastra grigia. Il tutto volutamente minimale ma elegante da “Galleria di arte meccanica moderna” come del resto recitava l’insegna, tutto voleva e doveva essere inusuale. Lecter si sarebbe occupato del negozio e lo fece per tutto l’anno successivo fin tanto che un cambiamento della sua vita sentimentale lo portò a chiudere il suo periodo riflessivo tornando al suo impiego storico, facendo sì che Gianni si dovesse occupare a tempo pieno anche del negozio. In quel periodo e anche in onore dell’apertura del negozio Gianni e Lecter organizzarono con l’ aiuto di Red Moho una caccia al tesoro in giro per Milano con tanto di premi per i partecipanti. La cosa denominata “Oh mia bela Madunina” coinvolse decine di Clienti di cui molti dei quali altri non erano che i fedeli del tempio pagano di Via Lucilio Gaio (che per onor di tassonomia era un poeta latino quindi tutti gli eventi non potevano che avere quest’aurea epica). Una notturna spesa alla massima velocità per raggiungere gli indizi tra chioschi, auto parcheggiate in “ligam style” e rischi in contromano schivando i capannelli di avventori chiassosi fuori dei locali.
Io mi affidai alla “Freak Mobile” con Alberto Skywalker come Stoker, pensavo di vincere facile con il ragazzo che si vantava di essere iperallenato, ma non eravamo mai d’accordo sulla direzione da prendere e come si usa ancor dire per un senso unico in più il Freak perse il premio.
Meglio così altrimenti essendo in due avremmo dovuto segarlo a metà e non so che cosa ce ne saremmo potuto fare…