Libro II – Cap. VI
101206 is the number. 29″ is the future
Un giorno qualunque di ottobre 2006 .
Il telefono appoggiato alla destra del mouse trasmise la vibrazione agli avambracci di Gianni, assorto nello schermo stava evadendo gli ultimi messaggi che gonfiavano come ogni giorno la casella della posta non solo quella, prima di scatenarsi in una chiassosa suoneria. Il suo sguardo si posò sul display lampeggiante pensando chi fosse il chiamante senza troppa voglia di rispondere, era in ritardo con lo sbrigare le mail e poco tempo gli rimaneva a quell’ora, voleva andare a casa la giornata era finita: 001… …. … il numero di ufficio di Tony Ellsworth.
“Gianni come stai? I telai che mi hai ordinato non ti preoccupare, lo so siamo in ritardo… Ti verranno spediti entro la fine della prossima settimana. Per farmi perdonare di questo disguido una ho una sorpresa per te, il mio ultimo progetto che ho appena terminato, credo molto in questo prototipo… Il nome… Ah sì… Evolve. Questo nome perchè credo che questo sia il futuro, per lo meno così la vedo io… Dai appena ti arriverà … Scusa, dimenticavo, prima la spedisco in Inghilterra poi te la faccio avere quanto prima dall’importatore Inglese. Intanto ti mando una foto così ti fai un idea. Sono certo che ti piacerà.”
Il cicalino di un nuovo messaggio ricevuto lo raggiunse prima di riporre il telefono sulla scrivania, Tony gli aveva inviato un messaggio FYI (For your information” , gli acronimi distruggeranno l’umanità) con allegato una fotografia. Gianni la aprì a tutto schermo curiosissimo di vederla: al centro una bicicletta nel classico disegno Ellsworth con carro ICT, caratterizzata da una anodizzazione “Midnight Blue” che la faceva vissuta come un paio di Wrangler strapazzati da un cowboy in un rodeo, ma quello che si notava era il diametro ruote! Non le solite 26″ ma qualcosa di molto più grande: le 29″! Per Gianni non erano una novità assoluta, il mondo della MTB era frizzante come una Perrier per quanto riguardava il continuo proporre idee e novità ed anni prima uno dei padri del movimento, Gary Fisher aveva iniziato ad esplorare l’uso di un diametro maggiore di ruote: lo standard 26″ era dovuto al riciclo delle Schwinn Excelsior, biciclette nate per i postini ed i fattorini negli anni trenta poi diventate le biciclette dei ragazzini di tutti gli States. Nei Klunker che negli anni settanta venivano usate per esplorare i pendii del Monte Tamalpais che avevano gomme di larga sezione che permettevano di affrontare i tratti in fuoristrada; di necessità virtù si direbbe, ma non era la soluzione definitiva sempre che esista, dopo prove più o meno felici adottando soluzioni intermedie quali una 26″ al posteriore ed una 29″ all’anteriore utilizzando una forcella Fournales dotata di antiaffondamento modificata allo scopo da Gary Klein. La differenziazione era non inusuale nel motociclismo fuoristrada da decenni, anche per cercare di ridurre la lunghezza del carro posteriore e fondamentalmente per tenere la sella più in basso.
Gary Fischer per confutare la bontà di una sua intuizione, che sarebbe poi passata alla storia come geometria Genesis antesignana delle Foward geometry di Mondraker, (come sempre il detto “nulla si crea, nulla si distrugge ma in questo caso si evolve… E’ il corollario perfetto del teorema della ricerca), grazie alla collaborazione con Rock Shox per modificare la Reba e adattarla ai suoi telai ed al coinvolgimento di WTB Tyres che sviluppò la Nanoraptor da 2.1 x 29”, poté mettere in commercio la prima 29″. Nel decennio del cambiamento le proposte fatte solo sei mesi prima avevano il valore del neolitico per l’evoluzione dell’uomo, ci eravamo trovati all’era del ferro senza passare dal bronzo: molti produttori di pneumatici avevano iniziato piccole produzioni specifiche, le sospensioni erano per il momento il giardino di casa di Rock Shox. Agli occhi di Gianni la Evolve era un deciso passo in avanti, la prima 29″ che offriva un telaio bi-ammortizzato e che faceva intravvedere una destinazione di utilizzo più ampio perché l’intuizione di Fisher era destinata ad un puro uso cross country. Un sorriso soddisfatto si aprì sul viso di Gianni, l’attesa non sarebbe stata vana sarebbe durata quanto la vita di una zanzara ad agosto. Proprio breve non fu perché il Britannico non se ne voleva distaccare, avvinto come era manco fosse l’edera, ma a fine Novembre fu scodellata nella grotta delle meraviglie, pronta ad essere messa sotto esame: certo che il periodo era poco ideale per una prova, eravamo a Dicembre e la neve non si era fatta attendere in montagna, per cui bisognava trovare un itinerario che offrisse le caratteristiche adeguate. Il giro al ponte di Robecco sul Ticino non sarebbe stato teatro di un epico test…
Il telefono mi vibrava nella tasca destra dei pantaloni, ero nel mezzo di una riunione di lavoro improntata sul sesso degli angeli e di che colore fosse la loro tunica talmente soporifera che avevo già trangugiato tre tazze di caffè americano. Con molta nonchalance mi alzai dal tavolo adducendo la più banale delle scuse, ovvero una rapida gita nella toilette causata dall’incontinenza omaggio sgradito da troppo caffè, mi chiusi in bagno e controllai chi mi avesse chiamato trovando la chiamata di Gianni. “Freak non rispondi mai quando serve, ti stavo mandando un sms dove sei? C’è qualcosa che devi assolutamente vedere: è arrivata ieri sta qui in Lucilio Gaio, non sai cosa ti perdi” Risposi bisbigliando che sarei arrivato nel giro di un’ora, tirando lo sciacquone per dare un senso alla mia permanenza nel caso che qualcuno per caso entrasse nei bagni. Dopo aver lasciato senza dolore in convivio che era passato ormai alla scelta del locale per un imprescindibile aperitivo per i risultati raggiunti mi materializzai di fronte a Gianni eccitatissimo all’idea di vedere cosa mi volesse presentare.
A prima vista vi dico non fu amore, le ruotone la facevano apparire non troppo coordinata soprattutto in confronto a quelle che stavano al suo fianco, i pneumatici erano degli smilzi Karma da 2.0 che mi facevano ricordare le zampe di una gru esili com’erano. Abituato ad avere sott’occhio altre forcelle, la Reba da 80 mm con steli da 32 mi sembrava un giro di pezzi revival in una discoteca di provincia. La sospensione posteriore da 100mm mi fece storcere il naso, insomma la trovavo non adatta all’uso che in quel momento stavo facendo della mia Epiphany alla quale avevo abbinato una doppia piastra Maverick da 150mm. Le note positive erano come sempre la cura costruttiva, l’inusuale anodizzazione e la dimensione generale che ne faceva una biciclettona che vista la mia stazza ci sarebbe stata confortevole come un paio di espadrillas. “Giudicare solo da uno sguardo non è sensato… Possiamo dire che esteticamente piace o non piace, tutto qua. Anche la corsa delle sospensioni che a prima vista sembra insufficiente, considerando che la ruota ha un diametro maggiore il che offre un miglior scavalcamento degli ostacoli con più impronta a terra non la vedo cosi minimale, questo è un prodotto nuovo che non ha precedenti per cui solo una prova nei boschi ci darà un indicazione di come si comporta. Differente è differente, bisogna farci l’abitudine. Qui non sei sulla bicicletta ma sei dentro la bicicletta considerando quanto sia al disotto della linea dei mozzi il movimento centrale. Probabilmente la nostra guida sarà diversa.”
Differentemente da me Gianni sembrava più convinto… Del resto i suoi deliri visionari passati mi confortavano, ad oggi non aveva ancora perso la voglia di continuare a farne. La scelta cadde per la Domenica 10 Dicembre 2006 su un itinerario che in quegli anni era un must: l’anello Eupilio-Valbrona-Rifugio SEV-Corni di Canzo nel triangolo Lariano, dove avrebbe trovato tutte le situazioni per mettere sotto stress la bimbona. La salita offre tutte le difficoltà del caso, 5 km con una media del 10% con tratti di cemento prima del rifugio con pendenze al 30% ai tempi a spinta per i più, ma questo ti fa guadagnare un giusto ristoro al rifugio. Non aveva dubbi Gianni della bontà della risposta in pedalata anzi gli sembrava di fare anche molta più strada forse a causa del vedersi la ruotona tanto vicina al manubrio, faceva sembrare le nostre dei cruiser, mi sentivo già come un orso al circo sulla bicicletta. Dopo esserci ripresi iniziammo a scendere sulla strada fino a risalire al colletto dei Corni dove ci aspettava la discesa che ha un nome splendidamente evocativo “Spacasass” (spaccassi) un esame di abilitazione non per nulla banale. L’inizio ti fa subito capire che avrai da darti da fare visti i gradini in legno ben umidi: dovete tener conto per chiarezza che i reggisella non erano telescopici e Gianni a differenza di noi cinghialotti era un piccolo Lord non lo abbassava per non rigarlo… Quindi lascio a voi ogni deduzione legata al caso: il cappottamento era più che un opzione. Ma i gradini furono bypassati senza dolore da Gianni che a dispetto delle corse ingenerose ai nostri occhi della Evolve e dei pneumatici dal profilo inesistente non mollava un metro, anzi più scendeva maggior affiatamento trovava e scendendo sul tratto più rotto si prese anche la soddisfazione di passare sopre a massi che ti garantivano un front flip quasi certo già con giù la sella, immaginatevi avendola in cielo… Mentre mi intraversavo per tenere la traiettoria visto che il grip era quello che era, l’Evolve stava diritta senza alcun dilemma e mi faceva incazzare quanto basta ma vedevo un sorriso modello Durban’s quelli con le stelline luccicanti sul viso del Presy: non avevo dubbio che l’esame lo aveva passato alla grande.
“Allora? Tutto bene? Cosa ne pensi? Ma gira… Chi lo avrebbe detto… Poi non ha sospensioni e le gomme sono inguardabili… Però o in realtà sei diventato John Tomac sotto mentite spoglie oppure va proprio bene”. Alla fine della discesa ostica eravamo curiosi come dei macachi.
Gianni che stava rimirando la bimbona si voltò verso di noi allargando le braccia con in viso l’espressione di chi ha vinto un gratta e vinci da centomila Euro e sentenzio: “pensa se avessi una DH con le ruotone !!! 26″ is dead baby, 29″ is the future!!!”